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La maggioranza degli svizzeri è favorevole a un lockdown che vale solo per i non vaccinati

10 Novembre 2021

È quanto emerge da un sondaggio rappresentativo di 20 minuti. Cerny: «Il provvedimento potrebbe essere efficace»

L’Europa è confrontata con una quarta ondata di coronavirus e diversi paesi stanno correndo ai ripari. In primis l’Austria, dove lunedì è scattato un lockdown che vale soltanto per i cittadini non vaccinati: per accedere ai locali pubblici (bar, ristoranti, musei) ora è infatti necessario essere vaccinati o guariti dal Covid. Il test negativo non viene più accettato. Un provvedimento, questo, che piace anche agli svizzeri in caso di un sovraccarico del sistema sanitario: il 55% dei cittadini si dice infatti favorevole, secondo quando emerge da un sondaggio rappresentativo di 20 minuti a cui dal 1. al 2 novembre hanno preso parte oltre 34’000 persone. Un tale provvedimento potrebbe essere efficace, conferma Andreas Cerny, direttore dell’Epatocentro Ticino. «La misura mette l’accento meno sul diritto individuale e più sulla solidarietà e il bene di tutti».

Attualmente nel nostro paese l’ingresso a ristoranti e strutture del tempo libero è consentito soltanto a chi è in possesso di un certificato Covid. Secondo il 63% degli interpellati l’obbligo non va revocato, anche a fronte dell’attuale situazione epidemiologica che in Svizzera è sulla via del peggioramento. I favorevoli alla revoca si contano invece soprattutto tra gli elettori UDC (55%), i contrari alla Legge Covid-19 (90%) e i più giovani (in particolare il 55% di chi rientra nella fascia d’età 25-34).

«Il Covid Pass? Uno strumento importante» – In generale, una maggioranza relativa (si tratta del 38% degli interpellati) ritiene che con una revoca dell’obbligo di certificato Covid i contagi tornerebbero a salire così come era avvenuto lo scorso anno, quando le restrizioni erano state tolte «troppo presto». Un 31% è invece convito che non cambierebbe molto, in quanto la misura avrebbe un effetto contenuto dal punto di vista sanitario. Non ci sta Cerny, che osserva: «In una popolazione dove più di un terzo non è ancora vaccinato, il certificato Covid rimane uno strumento importante». E guarda alla Danimarca, dove «due mesi dopo l’abolizione dell’obbligo, il certificato viene ora reintrodotto di fronte a un rapido aumento dei casi».

Strategia giusta, nonostante qualche errore – Fatto sta che – come si evince ancora dai risultati del sondaggio – il 36% della popolazione si dice soddisfatto della politica pandemica della Confederazione: sono stati commessi degli errori, ma d’altronde si tratta di una crisi completamente nuova, sostengono gli intervistati. Per il 21% i provvedimenti adottati sarebbero invece sproporzionati rispetto al potenziale pericolo del virus. «Il messaggio della pericolosità della malattia non è stata percepita da tutti – afferma Cerny – abbiamo sbagliato nella comunicazione, lasciando troppo spazio a esperti e statistiche, invece di lasciar parlare quelli colpiti direttamente. Paesi come l’Italia sono stati più bravi nel trasmettere delle testimonianze».

Vaccini: autorizzazione «troppo veloce» – Uno dei principali strumenti per uscire dalla pandemia è la vaccinazione. Ma nel nostro paese l’adesione alla campagna resta «troppo bassa», come ribadito a più riprese dal Consiglio federale. Attualmente il tasso di vaccinazione è di poco superiore al 64% (il 73% degli over 12). Quali sono le principali preoccupazioni dei non vaccinati? Un 71% di questi non vuole che lo Stato lo spinga a farsi vaccinare, mentre un 63% ritiene che i preparati anti-Covid possano causare danni a lungo termine. Non solo: un 60% dice inoltre di non fidarsi della procedura di autorizzazione dei vaccini, che sarebbe stata «troppo veloce». Su questo aspetto, Cerny sottolinea che «la documentazione dell’efficacia e sicurezza dei vaccini omologati da noi è stata completa e doveva soddisfare gli stessi criteri di altri vaccini». E ricorda che si contano preparati omologati altrove che qui non sono mai arrivati. «La velocità è frutto di una strategia intelligente di sviluppo e di investimenti enormi».

In ogni caso, la maggior parte degli interpellati non crede alle più diffuse considerazioni sui vaccini, quali per esempio che i preparati causino infertilità o altri danni oppure che quelli a mRNA modifichino il DNA.

Fonte: Tio.ch

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