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Terza dose al via in Ticino

17 Settembre 2021

Israele ha fatto da apripista, partendo con la somministrazione della terza dose per tutta la popolazione. Nella vicina Italia, invece, si inizierà lunedì, ma solo con i pazienti più fragili. E in Svizzera? «La macchina per garantire il booster è partita, anche in Ticino, su una popolazione selezionata ad alto rischio», conferma il professor Alessandro Ceschi, primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto di scienze farmacologiche dell’EOC e membro, quale unico esperto esterno, della taskforce di Swissmedic sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID.

Tema dibattuto

Il tema – premette Ceschi – è complesso e dibattuto a livello internazionale. «Ci sono Paesi che hanno deciso di procedere con la somministrazione a tappeto. Senza fare distinzione tra le diverse fasce e categorie della popolazione. Altri, invece, stanno riflettendo sull’ipotesi di concentrarsi solo sulle persone considerate più vulnerabili, come gli anziani. Altri ancora si mantengono più prudenti e aspettano dati più solidi prima di procedere». Insomma, decidere quale strada intraprendere non è semplice. «Al momento, non c’è una chiara evidenza scientifica che dimostra la necessità di procedere con la terza dose sulla popolazione generale. I dati che hanno dimostrato una diminuzione degli anticorpi dopo diversi mesi dal completamento del ciclo vaccinale, infatti, non sono sufficienti per dire che sia necessario un booster». L’obiettivo rimane quello di evitare i decorsi gravi e i decessi. «La terza dose serve a rinfrescare la memoria immunitaria, in modo che sia in grado di proteggere ancora più efficacemente il nostro organismo dal virus e le sue varianti. Al momento, la copertura attuale data dal primo ciclo vaccinale è ancora efficace nel prevenire i decorsi gravi della malattia, dove non entrano in gioco solo gli anticorpi, ma anche una diversificata risposta immunitaria cellulare. Al contrario, osserviamo chiaramente che decessi e ricoveri in terapia intensiva riguardano prevalentemente chi non è vaccinato». Attualmente, quindi, sia i dati degli studi clinici, sia l’osservazione sul campo non indicano il bisogno impellente di somministrare una terza dose alla popolazione generale. «La situazione potrebbe comunque cambiare nel giro di qualche settimana, o tra qualche mese. Per questo bisognerà mantenere monitorata la situazione ed essere pronti a intervenire. Se, in parallelo con l’emergere di nuovi dati da studi scientifici, dovessimo osservare un aumento dei decorsi gravi della malattia anche nelle persone che hanno completato il ciclo vaccinale, potrebbe essere il segnale che la situazione è cambiata e che quindi la somministrazione di una terza dose è necessaria». Una terza dose che, tuttavia, potrebbe essere raccomandata almeno in un primo tempo non alla popolazione intera, ma solo ad alcune fasce: «È ipotizzabile che avvenga prima per le categorie più vulnerabili, come gli anziani».

Perché a loro serve

Discorso diverso per le persone con una grave immunosoppressione. «Si tratta di pazienti con un trapianto di organi solidi, pazienti che ricevono trattamenti farmacologici che riducono la funzionalità del sistema immunitario, pazienti oncologici che ricevono trattamenti chemioterapici ad alte dosi, e chi soffre di immunodeficienza congenita», spiega Ceschi. In Ticino, questa categoria comprenderebbe circa 5 mila persone (fonte DSS). «Per questo gruppo i dati a nostra disposizione sono chiari. A causa della loro condizione di base, queste persone faticano a sviluppare una risposta immunitaria sufficiente, anche dopo aver completato il ciclo vaccinale». Questo significa che, anche dopo le due dosi, diversi di questi pazienti non sviluppano anticorpi, oppure ne hanno troppo pochi per poter essere considerati protetta dal virus. «I dati scientifici indicano che un’ulteriore dose consente a una quota importante di loro di sviluppare un’adeguata risposta immunitaria». Da qui la decisione delle autorità sanitarie di procedere con la terza dose, dopo le raccomandazioni arrivate qualche settimana fa dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e dalla Commissione federale sulle vaccinazioni. Come funziona? In Svizzera, a differenza di altri Paesi, «la commissione e l’UFSP hanno deciso di raccomandare l’esecuzione di un test anticorpale per decidere se somministrare la terza dose». Quindi, solo chi ha un livello di anticorpi sotto una certa soglia può riceverla. In Ticino, il medico cantonale ha scritto a tutti i medici, i quali dovrebbero occuparsi di identificare i pazienti che rientrano in questa categoria. «La stessa cosa abbiamo fatto noi in EOC: abbiamo avvisato gli specialisti per chiedere di identificare i pazienti corrispondenti, sottoporli al test anticorpale e comunicarceli in modo da procedere con la somministrazione». Proprio la copertura dei costi per effettuare il test anticorpale aveva generato qualche interrogativo. «A livello federale il tema non era inizialmente stato chiarito, lasciando un po’ di incertezza. L’EOC, però, aveva da subito deciso di farsi carico dei costi per i suoi pazienti».

Fonte: Corriere del Ticino

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