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Si torna allo stadio, ecco come

20 Luglio 2021

Domenica riparte il campionato di calcio e per assistere alle partite sarà necessario esibire il certificato COVID – Campana: «Il concetto non è ancora assimilato» – Alcune farmacie hanno rilasciato attestati non validi al posto di quelli ufficiali con il codice QR

Il conto alla rovescia è cominciato. Domenica prossima il Lugano ospiterà a Cornaredo lo Zurigo. Una prima di campionato che dal profilo organizzativo presenta ancora diversi punti interrogativi. Il campanello d’allarme, per così dire, è suonato nell’amichevole di sabato sera contro l’Inter.

«È stata una prova generale importantissima per testare la macchina e per capire che sul fronte dei controlli sanitari regna ancora parecchia confusione». A parlare è il direttore generale del Lugano calcio Michele Campana. La novità principale, per questo avvio di campionato, è il certificato COVID, condizione inderogabile posta dalla Confederazione per tutte le manifestazioni sportive e culturali con più di 1000 persone. Tutto chiaro? Mica tanto. «Il concetto, per una parte della popolazione, presenta ancora zone d’ombra. Sabato sera abbiamo dovuto respingere un’ottantina di persone poiché sprovviste di un certificato valido».

Come si ottiene

E allora facciamo un po’ d’ordine. Il certificato COVID necessario per entrare allo stadio lo si ottiene essenzialmente in tre modi, ricorda Campana. «O con due vaccini. O dimostrando di aver contratto la malattia negli ultimi 6 mesi. (In questo caso, però, bisogna fare una richiesta proattiva per ottenere il certificato). Oppure con dei test PCR o rapidi, quelli per intenderci che si fanno in farmacia. Nel caso del PCR, viene rilasciato un certificato COVID valido 72 ore. Con il test rapido la validità è di 48 ore». Semplice? «Purtroppo abbiamo constatato che in Ticino ci sono ancora tante farmacie che non rilasciano il certificato COVID. Diversi tifosi si sono infatti presentati ai cancelli con attestati compilati (dai farmacisti) che non hanno nulla a che vedere con il documento ufficiale, quello – per intenderci – che presenta il codice QR scansionabile». Il pasticcio, in questo caso, è presto fatto. Compri il biglietto, fai il tampone, vai allo stadio, ma rimani fuori. Il messaggio che deve passare allora è uno, prosegue Campana: «L’unico documento che consente agli organizzatori di aprire i cancelli è il certificato COVID».

Selezione all’ingresso

Il paradigma dei controlli, insomma, è cambiato. La selezione ora la si fa all’entrata con il certificato COVID. E una volta dentro lo stadio, la maggior parte delle misure di protezione viene abolita. Non c’è più l’obbligo della mascherina. Si può mangiare dove si vuole. E la questione degli assembramenti diventa marginale. Non bastasse, però, sabato sera, gli organizzatori hanno dovuto gestire anche altre problematiche: «La Svizzera accetta solo il green pass europeo», spiega ancora Campana. «Abbiamo dovuto respingere tutti quei tifosi italiani che ne erano sprovvisti. Nonostante tutti avessero i documenti validi». Stessa sorte per gli svizzeri che si sono vaccinati all’estero con preparati non omologati. «In questo caso va chiesta e ottenuta la parificazione del vaccino».

In pochi contro l’Inter

Sabato sera a Cornaredo c’erano 1.800 persone. «Non tantissime», ammette Campana. «Contro l’Inter ci aspettavamo 5 mila persone». Chiaramente le complicazioni sanitarie hanno influito sulla scelta di non recarsi allo stadio.

Come non pensare, allora, all’inizio del campionato. Il certificato COVID sarà accettato dal pubblico? Oppure, per qualche tempo, metterà in discussione la presenza dei tifosi allo stadio? Ancora Campana: «Partiamo dal presupposto che in Svizzera, il certificato COVID sarà obbligatorio per ogni manifestazione con più di 1.000 persone. Da qui non si scappa. Immagino, dunque, che la gente, pian piano, si abituerà. È chiaro: una percentuale farà fatica, e non andrà agli eventi fin tanto che la misura resterà in vigore. Ma con i tempi che corrono, l’attesa rischia di essere ancora lunga».

Come reagiranno gli ultrà?

Il tifo organizzato – notoriamente allergico a simili controlli – come reagirà? «Non so se domenica prossima torneranno allo stadio». Il controllo d’identità all’entrata, tuttavia, sarà obbligatorio. «Servirà unicamente per verificare che il certificato COVID appartenga alla persona che abbiamo di fronte». In alcun modo, i dati personali verranno registrati e archiviati, rassicura Campana. Eppure, il solo controllo d’identità potrebbe indurre il tifo organizzato a disertare gli stadi. Così, per esempio, era accaduto lo scorso ottobre quando le autorità riaprirono gli stadi con una serie di misure di sicurezza sanitarie, tra cui tracciamento dei contatti. Le tifoserie organizzate risposero con un comunicato stampa congiunto al motto di «Con il pubblico, ma senza le curve». Ancora Campana: «Sul controllo d’identità, questo giro mi attendo da parte del tifo organizzato maggiore comprensione». Per il tifo organizzato, però, la decisione di un eventuale ritorno negli stadi oggi è tutt’altro che presa. «In questo contesto – si legge in una nota diffusa ieri dalle principali curve svizzere – non è ancora possibile decidere se tornare allo stadio».

Il biglietto nominale infiamma il tifo organizzato

Certificato COVID e controllo d’identità, dunque. Queste le condizioni per entrare negli stadi a partire da domenica. Ma c’è anche chi si è spinto oltre, introducendo l’uso del biglietto nominale. In questo senso si è mosso il canton Vallese che per l’inizio della stagione al Tourbillon ha imposto la misura, già applicata, per esempio, in Italia, Inghilterra e nelle competizioni UEFA. Una prima a livello svizzero bacchettata dalla stessa Swiss Football League (SFL) e che non ha mancato di suscitare il disappunto del tifo organizzato elvetico. «Per solidarietà con la curva del FC Sion e per manifestare la propria contrarietà ideologica contro la misura, molte tifoserie organizzate a livello svizzero resteranno fuori dagli stadi», commenta ancora Campana. In Ticino al momento una simile misura non è prevista, ha spiegato al Corriere del Ticino il consigliere di Stato Norman Gobbi: «Oggi il certificato COVID rende il biglietto nominale superfluo. In futuro, invece, potrebbe essere una misura su cui riflettere per lottare contro il tifo violento».

Settore ospiti blindato

Ma c’è un altro tema sensibile che tocca i club romandi e che sta infiammando il mondo del calcio svizzero. Ovvero la chiusura dei settori ospiti decisa in chiave sanitaria. A Ginevra aprirà solo in settembre. A Losanna si farà il punto in agosto. A Sion si parla di misura provvisoria. Per gli ultrà, invece, è l’ultima provocazione di una sistema che sta sfruttando la pandemia per controllare il tifo organizzato. «A Lugano non vogliamo tenere chiusi i settori ospiti a meno che non vi sia un problema di ordine pubblico», spiega Campana. «Siamo in contatto con la polizia cantonale e con i responsabili delle tifoserie. L’idea, anche per domenica prossima, è di non limitare la presenza del tifo organizzato zurighese». Più in generale, conclude il direttore generale del FC Lugano, «piuttosto che introdurre biglietti nominali o chiudere il settore ospiti per poi avere in città tifosi che creano problemi, sarebbe forse meglio trovare soluzioni all’insegna del dialogo». Meno sfumata la posizione del Consigliere di stato Norman Gobbi: «Quando, durante l’ultima stagione, si giocava con il pubblico presente, gli oneri per le autorità e per le società sportive sono stati pressoché annullati dall’assenza dei gruppi organizzati della tifoseria avversaria». Ma, chiediamo, potrebbe essere una via percorribile anche in Ticino sull’esempio romando? «È una valutazione che dovremo fare con i club. Personalmente sono a favore».

Fonte: Corriere del Ticino

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