La pandemia di coronavirus ha esacerbato le difficoltà del settore immobiliare, che già prima della crisi era confrontato con problemi strutturali, soprattutto a livello di abitazioni sfitte.
Fra i principali problemi del settore vi sono i tassi di interesse bassi, se non negativi. Proprio ieri l’Ufficio federale delle abitazioni (UFAB) ha annunciato che il livello del tasso ipotecario di riferimento resta all’1,25%, lo stesso in vigore dallo scorso marzo. Si tratta del livello più basso da sempre. Visto che non vi sono cambiamenti dall’ultimo rilevamento non sussiste il diritto ad aumenti o a diminuzioni dell’affitto, spiega l’UFAB.
Rispetto al trimestre precedente, il tasso d’interesse medio, riferito al 30 giugno 2020, dall’1,35% è sceso alll’1,33%. Rimarrà all’1,25% finché il tasso d’interesse medio non scenderà sotto l’1,13% o non supererà l’1,37%.
«Il tasso ipotecario di riferimento è ai minimi – rileva Gianluigi Piazzini, presidente della Catef, la Camera ticinese dell’economia fondiaria – e ritengo che lo resterà ancora per almeno un anno. Il problema è che la pandemia ha messo in luce le situazioni di pericolo sul mercato immobiliare, visto che si è costruito troppo e siamo entrati in una crisi economica che aggrava tutto. Ora l’andamento in discesa ha preso una velocità maggiore: gli uffici e i negozi sono sotto pressione, e nell’abitativo ci sono circa 6000 oggetti sfitti. Quindi la pandemia ha semplicemente fatto emergere situazioni già al limite».
«Nel commerciale e nell’amministrativo – aggiunge – gli affitti dovrebbero scendere. Ma bisogna sempre essere prudenti, anche perché ci sono comunque molti oggetti che sono occupati. È chiaro comunque che lo sfitto deve adeguarsi alla domanda, che è asfittica. Fra l’altro manca l’immigrazione e la natalità è in discesa, e quindi la popolazione non cresce. Insomma, si tratta veramente di una crisi strutturale».
«L’immobiliare come investimento – precisa – regge ancora per gli istituzionali, come le casse pensioni, le banche e le assicurazioni, che hanno necessità di collocare i loro fondi, ma per gli altri non so se investire sia così intelligente, a parte per uso proprio. Ma comunque l’immobiliare, con un rendimento del 3%, per gli istituzionali resta ancora un asset interessante, visto che ci sono i tassi negativi. Inoltre le alternative o non rendono niente o sono rischiose. Ma si tratta di una situazione distorta, perché ora stiamo costruendo il ‘vuoto’, e per il futuro sono convinto che lo sfitto è destinato ancora ad aumentare. In ottobre verrà pubblicato il nuovo rilevamento. Per assorbire tutto, sempre che la popolazione cresca e l’economia si riprenda, ci vorranno almeno 4 o 5 anni».
«Inoltre, teniamo conto – conclude – che la crisi economica legata alla COVID non è finita. Anzi, ora molti sostegni vengono a cadere e la parte più difficile viene adesso, e chi è debole avrà grandi difficoltà. Poi gli aiuti erano complementari, visto che chi aveva un’azienda veniva aiutato con crediti e a livello di dipendenti, ma sul resto doveva arrangiarsi. E per l’immobiliare ci sono nubi nere ».
«Mai come in questi ultimi mesi – illustra dal canto suo Alberto Montorfani, segretario della SVIT, l’associazione degli operatori immobiliari – è apparso chiaro che l’evoluzione del settore immobiliare nel nostro cantone dipende da due fattori a lui esterni: la crescita della popolazione (cioè l’immigrazione) e lo sviluppo delle attività economiche».
«Fin dall’inizio della fase di interessi negativi – precisa – sembrava chiaro che stessimo entrando in un territorio ancora sconosciuto. Secondo uno schema classico e facilmente comprensibile, la riduzione dei tassi di interesse avrebbe facilitato l’ottenimento del credito e dunque le attività economiche, fra cui lo sviluppo di progetti immobiliari. In realtà le banche, sotto la direzione di Finma e Banca nazionale non hanno potuto allargare troppo i cordoni della borsa, trovandosi fortemente limitate da prescrizioni nazionali e internazionali che hanno ridotto la loro capacità di finanziamento».
«La logica dei regolatori – continua – è stata ferrea: il tasso di interesse negativo rappresenta un rischio per l’imprenditore e per il privato, che tendono a sovraindebitarsi. Occhio dunque a valutare i rischi in modo adeguato richiedendo le necessarie garanzie. Risultato: nel settore immobiliare è proprio l’investitore privato che ha trovato maggiori difficoltà di finanziamento».
«Tutta un’altra musica per chi il capitale lo ottiene a getto continuo e sulla base di una legislazione assicurativa e previdenziale di ampia visione. Casse pensioni, assicurazioni & Co. non hanno avuto che l’imbarazzo della scelta, potendo investire capitale ‘proprio’ (cioè degli assicurati, cioè noi) senza passare dalle banche. L’immobiliare di reddito è stato l’ultima diligenza da assaltare».
«Da qui l’impennata – rileva – nella costruzione di appartamenti, ora rimasti vuoti, anche se l’edilizia ha avuto ancora un po’ di anni di ossigeno. Da questa situazione nasce l’eccesso di alloggi vuoti, a cifre storicamente mai viste, di 5000/6000 nel solo nostro cantone. Questo ‘stock’ di appartamenti (pensiamo a 500/600 palazzine di 10 appartamenti l’una, tutti vuoti!) non si riassorbirà tanto presto».
«La pandemia – conclude – ha lasciato il segno e tutto è nuovamente rallentato, e purtroppo un recente studio dell’UBS proprio su questo tema mette il Ticino, insieme a Soletta, Giura e Grigioni, fra i cantoni che mostrano più difficoltà nella ripresa dai postumi del Covid. Resta da vedere se una congiuntura internazionale possibilmente più sfavorevole, o la capacità imprenditoriale dei residenti, saprà prendere questa crisi come una opportunità, laddove la correzione dei prezzi della locazione e degli immobili stessi, aprirebbe possibilmente la strada a nuove attività, creando crescita e posti di lavoro. C’è ancora molto da fare, per chi sa vedere le opportunità anche in questi tempi un po’ bui».
Fonte: Corriere del Ticino