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Dannoso caos di numeri sulla pandemia di coronavirus

4 Agosto 2020

L’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) ha ammesso che i dati pubblicati sul numero di casi di Covid-19 contenevano degli errori. Le discoteche e i locali notturni non sono più i principali centri di infezione, ma è invece la famiglia. Tuttavia, le cifre corrette sono anch’esse intrinsecamente false e non permettono di valutare la probabilità di contrarre il virus. Esse possono sfociare in conclusioni errate.

La settimana scorsa una cifra ha suscitato stupore: circa il 40% dei contagi da coronavirus che possono essere rintracciati avverrebbero nelle discoteche, nei bar e nei locali notturni. L’UFSP lo ha affermato alla televisione svizzera venerdì scorso. Questa affermazione è in seguito stata rettificata durante il week-end. Secondo le nuove cifre, la maggior parte dei contagi ha luogo in famiglia e in seguito, in misura inferiore, sul posto di lavoro. Meno del 2% delle infezioni si sono prodotte durante le uscite serali. I dati comunicati in precedenza non erano stati attribuiti correttamente.

L’indignazione è stata grande: i locali notturni sono considerati i più pericolosi per il coronavirus? Oppure è la famiglia? Le critiche relative agli errori delle autorità hanno relegato in secondo piano la questione principale. A cosa servono le cifre corrette circa i luoghi di infezione? Non molto dal punto di vista di economiesuisse. Questo per i seguenti quattro motivi:

Riserva n° 1: campione distorto

I dati dell’UFSP si basano su 793 dichiarazioni raccolte dai medici attraverso un formulario tra il 16 luglio e il 1° agosto 2020. Questo solleva due questioni. Primo, l’UFSP ha parlato di oltre 2087 nuove infezioni nel corso dello stesso periodo. Ciò significa quindi che 1300 persone infette non hanno partecipato al sondaggio. Secondo, il lasso di tempo considerato è estremamente breve. La maggior parte delle scuole erano chiuse e molta gente era in vacanza durante questo periodo. È quindi molto probabile che il campione sia fortemente distorto.

Riserva n° 2: informazioni mancanti

Dei 793 formulari, mancano nel 40% dei casi informazioni concrete sul luogo dell’infezione. E nel 13% dei casi, il luogo dell’infezione è sconosciuto, oppure la risposta è «altro». Pertanto, oltre la metà dei casi considerati non contiene questa informazione. Rispetto alle nuove infezioni segnalate nel corso del periodo in questione, il luogo dell’infezione è dunque noto unicamente per circa un quinto delle persone contagiate.

Riserva n° 3: qualità discutibile dei dati

La qualità dei dati dipende dal modo con il quale essi vengono raccolti. Le persone contagiate sono state interrogate sul luogo in cui avrebbero potuto essere contagiate. Si può presupporre che abbiano cercato una spiegazione plausibile. Ma in realtà, le loro risposte non sono nient’altro che un’ipotesi più o meno plausibile. Non si possono dunque escludere anche false dichiarazioni fornite per ragioni personali. I dati disponibili sono dunque il risultato di ipotesi, di strategie di dissimulazione o di informazioni parziali, raccolte e trasmesse da medici secondo vari metodi.

Riserva n° 4: mancanza di una relazione

Anche supponendo che i dati raccolti siano tutti corretti e che il campione non sia distorto, i dati resterebbero lo stesso totalmente inutili sulla questione di dove le infezioni siano più frequenti. Bisognerebbe per questo che i dati siano collocati in un rapporto. Se, ad esempio, le 216 infezioni all’interno della famiglia fossero messe in relazione con gli oltre 3,6 milioni di famiglie in Svizzera, il numero diventerebbe molto, molto piccolo. La cosa non vale per le quindici infezioni avvenute nei locali notturni con (teoricamente) 2000 club. Qui la percentuale è nettamente più elevata. Per quanto concerne i 69 contagi avvenuti sul luogo di lavoro, sapendo che la Svizzera conta 600 000 imprese, essi si situano nella fascia di errori marginali. Tutto questo non tiene ancora conto del percorso dell’infezione. Non sorprende che numerose infezioni possano avvenire nell’ambito familiare. Ma la questione decisiva sarebbe piuttosto di sapere come il virus arrivi nelle famiglie. Non si dispone però ancora di cifre in proposito.

I dati dell’UFSP non costituiscono una buona base decisionale

I dati dell’UFSP sul luogo dell’infezione suggeriscono una precisione che invece non possiedono. Gli ambienti politici dovrebbero dunque maggiormente basarsi sui dati scientifici disponibili sul rischio di trasmissione. O meglio sul buonsenso. È ad esempio evidente che la probabilità di essere contagiati in un locale notturno sia molto più elevata rispetto al luogo di lavoro, dove le regole di distanziamento sono rispettate.

Fonte: Economiesuisse

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