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«Prudenti a scuola, ma con il sorriso»

11 Maggio 2020

Il direttore del DECS Manuele Bertoli riapre idealmente quelle aule chiuse dal 16 marzo – L’invito a allievi, docenti e famiglie

Dalle (tante) parole ai fatti. Da questa mattina la scuola riapre. In forma ridotta, ma bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo torneranno in aula. Non accadeva più dal 16 marzo, quando (anche in quell’occasione tra accese polemiche) l’avanzata del coronavirus aveva imposto lo stop. Abbiamo intervistato il direttore del DECS Manuele Bertoli che invita tutti a rispettare le regole, a restare prudenti, ma anche a ritrovare il sorriso. Si tratta anche di un test in vista di lunedì 31 agosto, quando inizierà l’anno scolastico 2020/2021.

Cosa si attende dalla ripartenza di oggi?
«È l’inizio di una nuova fase, di un adattamento collettivo alle cose che cambiano. Mi attendo una nuova consapevolezza da parte di allievi e genitori su quanto sia importante per loro avere a disposizione quella scuola che in tempi normali si dà quasi per scontata. Sono anche certo che potremo tutti vedere tanti sorrisi di bambini e insegnanti».

Nelle scorse settimane si è battuto per trovare una soluzione pragmatica, ma sempre con l’intenzione di tornare alla scuola in presenza. Lo ha fatto soprattutto perché ci crede o perché il Ticino non poteva ignorare la decisione del Consiglio federale?
«L’ho fatto perché la scuola è prima di tutto un diritto degli allievi e un’enorme conquista della nostra collettività. Lo stesso motivo che ha mosso i miei 25 colleghi cantonali. La scuola è un punto di riferimento per i bambini e i ragazzi, farla tornare ad una certa normalità, pur con tutte le cautele, per me non è solo questione di ferma convinzione personale, ma anche un modo per onorare la mia funzione».

Qual è l’aspetto che più la preoccupa della fase breve ma certamente intensa, di questa scuola diversa?
«La cosa che preoccupa tutti noi, e qui non mi riferisco solo alla scuola, è un’eventuale ripresa della curva dei contagi, anche se temo che dovremo abituarci anche a questo. Per la scuola confido molto sulla professionalità degli insegnanti, che sapranno usare questo periodo particolare per elaborare quanto successo nella parentesi della scuola a distanza, per riprendere quel filo diretto con gli allievi tanto importante e per fare della prevenzione inerente al virus».

I cittadini si sono visti confrontati con tesi contrastanti su bambini e contagio. È questo l’elemento che ha generato incertezza (e le polemiche) che hanno accompagnato la ripartenza prevista oggi?
«In queste settimane siamo stati tutti bombardati da opinioni diverse su questo tema ed è normale che ciò possa aver disorientato. Tralasciando i pareri espressi da chi non aveva titolo per proporne, anche tra gli esperti vi sono i molto prudenti, li abbiamo sentiti soprattutto dall’Italia, e i prudenti. Noi confidiamo in chi conosce bene la nostra situazione, mi riferisco qui alle autorità sanitarie ticinesi, con le quali abbiamo lavorato benissimo, pur sapendo che certezze granitiche non ve ne sono per nessuno e che non possiamo rimanere fermi in attesa di queste certezze».

Venerdì è poi arrivata la notizia di un bambino di 10 anni, trasferito in cure intensive in Romandia. Diciamolo: un caso singolo, ma che alimenta pensieri negativi. Oppure no?
«La notizia certamente non aiuta, ma mostra bene come il problema travalica la questione scuole aperte o chiuse. Questo bambino, al quale auguriamo tutti di cuore di riprendersi presto, non è andato a scuola e a quel che so è stato in casa per molto tempo. Verosimilmente è stato contagiato da un adulto».

Anche il corpo docente non sembra vivere questa fase con grande tranquillità. Cosa si sente di dire loro per rassicurarli?
«Come molti altri lavoratori che svolgono una professione che implica una relazione diretta, un contatto con altre persone, capisco bene che gli insegnanti possano avere delle preoccupazioni. Proprio per questo il nostro primo impegno è stato rivolto a conoscere le prescrizioni sanitarie necessarie per una ripresa in sicurezza, garantendo criteri più prudenti di quelli in vigore altrove. Voglio comunque incoraggiare i docenti ad iniziare questo percorso di convivenza con la pandemia pensando soprattutto ai loro allievi, che certamente li attendono, come testimoniano i moltissimi messaggi ricevuti».

Cosa si sente di dire ai ragazzi che avranno modo di rincontrare i compagni ma nello stesso tempo dovranno stare distanti l’uno dall’altro?
«Vorrei dire loro che stiamo cercando, con molta prudenza, di tornare alla vita che erano abituati a conoscere, che gli sforzi per farlo sono enormi, compresi quelli fatti dall’istituzione scolastica, e che è molto bello che possano incontrarsi tra loro nuovamente. Ma anche che è fondamentale che continuino a far proprie le indicazioni sulle misure igieniche e sulle distanze fisiche, soprattutto dagli adulti, dentro e fuori dalla scuola. Come diciamo adesso: distanti, ripartiamo».

Oggi andrà in visita in qualche sede scolastica, oppure attenderà a Palazzo delle Orsoline il resoconto di questa particolare giornata?
«Oggi seguirò le informazioni che arriveranno dal territorio, per le visite attendo qualche giorno ma poi non mancherò di andare in un paio di scuole per rendermi conto dal vivo di com’è questa scuola particolare per tutti».

Fonte: Corriere del Ticino

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