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«Molti in lavoro ridotto? Significa che le aziende non vogliono licenziare»

17 Aprile 2020

Secondo la SECO 167 mila aziende hanno inoltrato la domanda per 1,76 milioni di collaboratori – Il parere di Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio del Ticino: «Da noi dato più alto perché la chiusura delle attività è stata più vasta»

La pandemia di coronavirus sta lasciando il segno sul mercato del lavoro elvetico. Infatti, finora, ben 167.200 aziende hanno fatto richiesta per lavoro ridotto, per un totale di 1,76 milioni di addetti. È quanto ha reso noto ieri Boris Zürcher, responsabile della Divisione del lavoro presso la Segreteria di Stato dell’Economia (SECO), in una conferenza stampa a Berna sulla situazione della crisi in Svizzera.

Tuttavia, ha specificato Zürcher, questo non significa che a tutti i lavoratori in questione verrà concesso il lavoro ridotto, perché questo strumento deve sottostare ad alcune condizioni. «Tuttavia – ha notato Zürcher – dalle nostre esperienze fatte durante la crisi finanziaria ed economia del 2009, è verosimile che questa possibilità verrà concessa a quasi tutti».

In Ticino, ha specificato Zürcher, la richiesta di lavoro ridotto è stata depositata per il 52% dei lavoratori.

Qual è la situazione del mercato del lavoro al sud delle Alpi? Lo abbiamo chiesto a Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio del canton Ticino.

«Possiamo supporre – illustra Albertoni – che in Ticino il numero di richieste per lavoro ridotto sia superiore alla media nazionale, dato che da noi la chiusura delle attività è stata più vasta rispetto al resto della Svizzera».

Imprese responsabili

«Tuttavia – prosegue – un numero così alto di richieste per lavoro ridotto in Svizzera è un segnale positivo, perché significa che le aziende vogliono mantenere i posti di lavoro, rinunciando a licenziare, e quindi utilizzano questo strumento».

«Per quanto riguarda la ripartenza – precisa ancora – ora è impossibile dire se sarà rapida o meno. Tuttavia notiamo che è stato importante che l’industria abbia potuto in parte continuare a lavorare anche durante il lockdown, perché così si sono mantenuti i clienti. Inoltre, in buona parte dell’Europa, l’industria ha continuato ad essere attiva, e quindi in questo settore la ripresa completa delle attività potrebbe avvenire senza grandi problemi».

Tornando ai dati forniti ieri dalla SECO, nel settore della gastronomia i tre quarti dei salariati sono toccati dalle domande di lavoro ridotto. Nelle attività artistiche la quota raggiunge quasi la metà (48%)

Il numero di disoccupati è in aumento. Il 15 marzo si contavano 118 mila senza lavoro in Svizzera, mentre oggi il loro numero è salito a 151 mila, ha spiegato Boris Zürcher. Tuttavia la crescita sta rallentando. «Nella prima fase – ha rilevato – si registravano fra 800 e 900 nuovi disoccupati in Svizzera ogni giorno, mentre ora il numero dei nuovi casi sta diminuendo».

Zürcher ha precisato che è comunque troppo presto per vedere come sta andando la disoccupazione, visto che quando ci sono licenziamenti esiste un termine di tre mesi. «L’aumento della statistica – ha notato – è dovuta al fatto che molti giovani, e anche persone che si erano licenziate nei mesi precedenti, non hanno più trovato un impiego, visto che in marzo l’offerta di lavoro si è prosciugata».

Sul versante della protezione dei lavoratori, la SECO e l’Ufficio federale della salute pubblica stanno stabilendo degli standard. Ma poi toccherà ai vari settori elaborare un concetto dettagliato, che dovrà essere applicato dalle imprese.

Per quanto riguarda gli apprendisti, solo i due terzi dei circa 100 mila giovani che hanno terminato la formazione scolastica hanno potuto concludere un contratto di apprendistato, ha rilevato Rémy Hübschi, vice-direttore del Segretariato di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione.

Aziende preoccupate

Economiesuisse ha condotto una nuova indagine sulla situazione dell’economia svizzera in collaborazione con la SECO. I risultati mostrano che la situazione è peggiorata rispetto all’inchiesta di tre settimane fa e che i costi sono in aumento. Gli effetti indiretti stanno diventando sempre più evidenti, in quanto molte imprese effettuano ormai solo le spese direttamente necessarie per la gestione corrente. Allo stesso tempo emerge che le misure di sostegno del Consiglio federale stanno producendo i loro effetti.

Fonte: Corriere del Ticino

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